Conoscere Anversa degli Abruzzi – LA STORIA

Nel 1715 il possedimento passò, per brevissimo tempo, al principe di Scalea e infine ai Recupito, marchesi di Raiano e conti di Anversa, residenti in Napoli, che lo conservarono fino alla fine del feudalesimo.

Nel 1715 il possedimento passò, per brevissimo tempo, al principe di Scalea e infine ai Recupito, marchesi di Raiano e conti di Anversa, residenti in Napoli, che lo conservarono fino alla fine del feudalesimo.

ANVERSA (m. 604 s/m) sorge nella valle superiore del Sagittario, adagiata su uno sperone che domina lo sbocco delle gole del fiume, il cui primo tratto è detto «La Foce», la Foce di Anversa. Ai suoi piedi sgorgano le sorgenti di Cavuto, ricche di acque.

Qui il Sagittario, l’antico e medievale Flaturnus, che le lambiva alla sua destra, raddoppiava la sua portata, prima che il corso venisse sbarrato da una diga costruita nel 1927 per alimentare la centrale idroelettrica ubicata a valle di Anversa.

In età antica, nel periodo preromano (IX-IV secolo a.C.), nell’area dell’attuale centro storico sorgeva un centro fortificato peligno con necropoli a S. Carlo-Fonte Curzio e Coccitelle, mentre nel succesivo periodo italico-romano (III-I secolo a.C.) due piccoli villaggi sono ubicabili a S. Maria delle Fornaci e sul Colle Arenale-Fonte del Biancone con necropoli alla Cava di Rena.A Castrovalva è, invece, riconoscibile un centro fortificato italico sull’altura del Morrone di Monte S. Angelo (X-IV secolo a.C.) con sottostante necropoli ed un’altra, collegata, a Pettinillo di Valle Donica; nel successivo periodo italico-romano un villaggio sorse a Valle Donica con area sacra a S. Sio (Fonte Belsito).

Nell’altomedioevo l’area è interessata, a partire dall’VIII-IX secolo, dalla presenza dei monaci benedettini cassinesi e volturnensi con le loro “celle” di S. Cesidio in Bonaria a Valle Donica di Castrovalva, S. Maria in Flaturno ad Anversa (ora S. Maria ad Nives) e S. Mercurio in Flaturno verso Casale di Cocullo. L’attuale paese di Anversa è dominato dai resti del castello medievale sui quali si innalza la torre pentagonale trecentesca diroccata.

Il poeta D’Annunzio, che visitò Anversa in compagnia dello studioso del folclore abruzzese Antonio De Nino, vi ambientò La fiaccola sotto il moggio.

Nel centro storico sorge la chiesa parrocchiale (XI sec.) dedicata a S. Marcello papa e martire, patrono del paese.

Della cintura esterna dell’antico borgo, costituita per lo più da torrette-rompitratta e case edificate su dirupi generalmente rocciosi unite le une alle altre a chiudere il centro come in un cerchio, restano soltanto Porta Pazziana, Porta S. Nicola e parte della cinta meridionale che domina le sottostanti sorgenti di Cavuto mentre all’interno destano interesse Via Tartaruga, Vico Medio, Vico Piazzetta, Vico degli Archi, ed i caratteristici spazi ricavati al di sopra di alcuni vicoli mediante archi di sostegno e di raccordo fra casa e casa.

Nel “Catalogo dei Baroni” normanno, compilato a seguito del censimento dei feudi e feudatari del Regno, ordinato dal re Ruggero nel 1150 ed aggiornato nel 1168, il castellum di Aversa Curiam è elencato con numerosi altri feudi, tra i quali Castro (Castrovalva), appartenente al conte Simone di Sangro, uno dei più potenti del Regno di Sicilia ed esponente dell’importante famiglia normanna degli Avaleri.

Già a quel tempo risulta essere sede di curia, ossia di tribunale per cause civili e criminali, ed è tenuta a fornire al re in caso di bisogno, tre militi a cavallo bene armati e alcuni fanti, per avere una popolazione di circa 75 famiglie.Castrovalva doveva fornire due militi. Gran parte dei feudi che Simone teneva in proprio vennero in seguito ereditati da Raynaldo de Aversa, della stessa famiglia di Sangro, che, avendo scelto il paese come sua residenza, aggiunse al nome il toponimo gentilizio di Anversa.
Sposò la sorella del potente Tommaso conte di Celano.Negli avvenimenti che videro Tommaso porsi in rivolta contro l’imperatore Federico II, Raynaldo si schierò dalla parte di suo cognato e finì col perdere tutti i feudi che furono incamerati nel regio demanio. Solo dopo la morte di Federico (1250) i figli Rinaldo, Teodino e Berardo rientrarono in possesso dei beni paterni ed Anversa rimase al primogenito Rinaldo che assunse il titolo di Conte di Anversa. Castrovalva andò a Teodino e quindi ai figli Margherita e Berardo alla cui morte, avvenuta nel 1284 senza lasciare prole, questo ramo di Sangro si estinse ed i possedimenti d’Abruzzo, devoluti dal re a Margherita, passarono in dominio di altra famiglia in virtù del matrimonio di costei con Cristoforo d’Aquino. A Berardo toccò Bugnara.Gentile, figlio di Rinaldo, si distinse per i meriti acquisiti a servizio della corte angioina per gli incarichi importanti che assolse in qualità di Cavaliere del Regno. Morì nel 1307 e la sua discendenza dominerà su Anversa fino al 1431-1435, quando la contea passò sotto la signoria del potente Giacomo Caldora e di suo figlio Antonio che la tenne fino al 1463 allorché, ribellatosi con le armi al re Alfonso prima, ed a Ferdinando I d’Aragona poi, fu privato di tutti i feudi che tornarono di dominio reale. Anversa fu ceduta, insieme a Campo di Giove, Canzano e Villalago a Nicolò di Procida, maggiordomo della casata aragonese, sotto il quale la chiesa di S. Marcello venne arricchita del bel portale. La contea, che con alterne vicende rimarrà tale fino all’abolizione della feudalità (1806), passò al figlio Gian Francesco che nel 1493 la vendette al Magnifico Giovan Vincenzo Belprato. I Belprato restarono fino al 1631.

Si successero Gio Berardino, Gio Vincenzo II, Gio Berardino II, D. Carlo e Virginia alla cui morte la dinastia si estinse e la contea passò al consorte Tommaso di Capua, principe di Bocca Romana, famiglia che la tenne fino al 1715.
Casata di mecenati ed umanisti i Belprato, che dimorarono in Anversa, eressero la chiesa di S. Maria delle Grazie; ampliarono ed abbellirono la chiesa di S. Maria della Neve con l’annesso monastero che dotarono e donarono ai padri Domenicani; costruirono gli edifici di mole inconsueta che si affacciano a Cavuto detti «le case dei Lombardi»; abbellirono il Palazzo; fondarono l’Accademia degli Addormentati.

Tra il 1585-1588 nell’ampia cappella comitale annessa al palazzo si celebrarono le nozze di D. Costanza, figlia di Gio Berardino II e Virginia Orsini, con il letterato napoletano Giambattista Manso, marchese di Villa Irpina e signore di Bisaccia, amico e protettore di letterati tra i quali Torquato Tasso che, per queste nozze, compose un sonetto che comincia così: «In un bel prato, e tra i bei fiori e l’erbe».

Nel 1608 il Manso pubblicò alcuni dialoghi di cui uno intitolato L’Anversa (48 pag.) che, riveduto ma simile nella sostanza, venne ristampato nel 1620 col titolo Il Belprato.

Nel periodo rinascimentale dei Belprato-Orsini e poi, Di Capua, Anversa fu sede di abili ceramisti (Gentili, Di Cola, Ranalli, Pompei e Marcelli) che diedero vita a raffinate produzioni di ceramica invetriata a rilievo. Successivamente i ceramisti anversani, si dedicarono alla ceramica semplice di uso domestico ad alle produzione di laterizi (pinciarie) con botteghe a S. Maria delle Fornaci e S. Vittoria.

Nel 1656 Anversa fu decimata dalla peste che, da Napoli si era diffusa rapidamente per tutta l’Italia centrale, mentre altre perdite di vite umane e gravi danni subì per il disastroso terremoto denominato «della Maiella». Il castello venne praticamente distrutto, tanto che nel Catasto della Terra di Anversa datato 1754, dov’è elencato con gli altri beni feudali, viene descritto come «diruto e di veruna rendita».

Nel 1715 il possedimento passò, per brevissimo tempo, al principe di Scalea e infine ai Recupito, marchesi di Raiano e conti di Anversa, residenti in Napoli, che lo conservarono fino alla fine del feudalesimo.

I rapporti tra gli amministratori anversani ed i Recupito furono pessimi per la pretesa corresponsione annua di balzelli non dovuti, tanto che nell’ottobre del 1799, col vento della rivoluzione, gli anversani si ribellarono rifiutandosi di pagare le tasse. La insurrezione, che fece scalpore, così è annotata nel Diario Napoletano (dal 1798 al 1825) del professore universitario Carlo De Nicola, molto vicino alla corte: «Venerdì, 4 ottobre 1799.

In un luogo di Abruzzo, feudo del marchese di Roiano (sic.), per la esazione dei fiscali la popolazione si è posta sopra le armi, ha detto non voler riconoscere superiori, volersi governare da sé; il luogo è detto Anversa». Con la riforma dello stato di re Ferdinando I, Castrovalva, contando meno di 1000 abitanti, fu unita ad Anversa a partire dal 1° gennaio 1817.

Nel 1904 il mulino da grano ubicato nell’area delle sorgenti di Cavuto ed azionato dalle acque derivate dal fiume Sagittario, venne trasformato, dalla società formata dalla proprietaria D. Filomena Ricciardi vedova Gatta e dall’ingegnere Andrea Gentileschi, in centralina idroelettrica. Il 16 ottobre del 1905 in Anversa e Castrovalva si accese la illuminazione elettrica, soltanto 23 anni dopo la città statunitense di Filadelfia.

Il paese fu ancora colpito dal terremoto della Marsica del 1915. Si ebbero due vittime, cadde il soffitto a cassettoni in legno della chiesa di S. Marcello, il soffitto a botte della navata centrale di S. Maria delle Grazie, il tetto di S. Maria della Neve e dell’annesso monastero, chiesa che, pur conservando pregevoli affreschi, venne abbandonata ad un immeritato destino.

Nel 1927, a seguito dello sbarramento del fiume, cessarono la loro attività una piccola fabbrica di carburo di calcio ubicato nel sito dirimpetto alla centrale idroelettrica a valle di Anversa, la centralina di Cavuto, un mulino da grano, due mulinelli per la produzione di vernici per stoviglie prodotte dai vasai del paese, ed il mulino da grano ubicato nelle gole, sotto Castrovalva.

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